martedì 19 maggio 2009

Napoli, città di tutti

Cinquemila in marcia «No al razzismo Napoli città per tutti»

A un anno dalle aggressioni contro i rom di Ponticelli, e dopo tanti episodi di intolleranza a Napoli, la Comunità di Sant'Egidio ha promosso ieri una marcia per la pacifica convivenza. «Napoli città per tutti» il titolo della manifestazione che ha visto sfilare 5mila persone nel cuore della città. Presenti centinaia di bambini che, dopo aver consegnato pensieri, terni e disegni dal titolo «La città che vorrei, il futuro che sogno» hanno aperto il corteo camminando fianco a fianco: bambini rom, napoletani e stranieri. Presente il sindaco lervolino.

C'E' VOLUTO tutto il sangue freddo e il buon senso di chi lavora nel nome della pace e dell'integrazione per riuscire a portare alla marcia «Napoli città per tutti» circa cinque mila persone. A un anno dai pogrom di Ponticelli e dalle bottiglie incendiarie contro i campi nomadi, a un giorno dall'arresto di due romeni per il delitto di Marechiaro, la Comunità di Sant'Egidio ha fatto sfilare fianco a fianco, bambini rom e bambini italiani, africani di Castelvolturno, vittime della camorra dei Casalesi, e rifugiati afghani, quel popolo multietnico e multicolore, insomma, che caratterizza, più di ogni proclama, l'Italia di oggi, ancor più di quella di domani.

Insieme, da piazza del Gesù Nuovo a piazza Municipio, con in testa anche il sindaco Rosa Russo Iervolino, la senatrice Teresa Armato, il presidente della Provincia, Dino Di Palma, i rappresentanti della Comunità, a partire da don Gino Battaglia, e quelli dei sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl).

Sparpagliati tra i manifestanti, in una passeggiata festosa, c'erano pure molti dei rom del campo della Doganella, dove vivevano i giovani accusati della morte di Salvatore D'Angelo.

Una presenza volontariamente e inevitabilmente silenziosa. Nessuno ammetteva di conoscere i due autori di un delitto che rischia di spezzare il cerchio della buona volontà.

«Una strana e dolorosa coincidenza» commenta con amarezza il sindaco lervolino. «Ma non deve essere un alibi per scatenare il razzismo. Con tutto il rispetto per chi è morto, bisogna ammettere che qualche colpa c'è anche da parte italiana». Per la mancata integrazione? «Mi riferisco nello specifico al delitto» spiega, «Non è una storia limpida, perché c'è dietro una vicenda di sfruttamento sessuale. Certo, se si fosse lavorato di più per integrare i migranti non ci sarebbero stati né sfruttamento né delitto». E poi dal palco ha parlato di Napoli come città che ha nel proprio Dna il rispetto per gli altri.

Alla marcia, che si è chiusa all'ombra dei cavalli di bronzo di Palazzo Reale, ha mandato un incoraggiamento e la sua benedizione pure il cardinale Crescenzio Sepe «nella speranza che Napoli possa vivere altri giorni di festa e comunione ed essere realmente una città per tutti». Le parole conclusive sono state di Battaglia: «Napoli porta nella sua storia il segno del meticciato. Questa è una responsabilità, ma anche una vocazione. Rappresenta il suo futuro».

E, in tempi di proclami, che, in nome della sicurezza, parlano alla pancia degli italiani, ha insistito sull'integrazione: «Una seria politica di inclusione riduce la zona grigia della clandestinità, della precarietà, della marginalità. E sono queste a essere criminogene, non il paese d'origine a la cultura degli immigrati. Lo stesso vale per gli zingari. Sono decenni che vivono nei campi, vere e proprie discariche umane». E in un campo, quello di Scampia, abita da 15 anni, Nino Smatovic, rappresentante locale dell'associazione che riunisce rom e sinti italiani: «Siamo gli ultimi degli ultimi. Sopravviviamo raccogliendo quello che voi buttate: elettrodomestici, metalli, vestiti. Siamo emarginati: nessuno vuole vicino i rom. Basterebbe un po' di lavoro per rendere meno drammatiche le nostre condizioni». Che cosa ne pensa del delitto di Mare-chiaro? «In tutte le comunità esistono dei delinquenti, ma dove manca una politica sociale verso gli ultimi le tentazioni criminali aumentano, soprattutto in chi è anche vittima dei miti dell'arricchimento facile che vengono diffusi dal consumismo».

Tra i tanti striscioni ce n'è anche uno che recita: «La comunità romena contro la delinquenza». A dargli forza ci sono i rappresentanti di un neonato Partito dei romeni d'Italia, Giancarlo Germani e Vicentiu Acostandei, rispettivamente presidente e vicepresidente. Si sono presentati alle elezioni in Comuni del Lazio, delle Marche e della Toscana: «Quello di Marechiaro è un episodio terribile, come quelli di camorra, mafia e 'ndrangheta». Un rilancio più che una difesa.


Pietro Treccagnoli
Sorgente: Il Mattino










grazie a Vincentiu Acostandei per le foto.

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